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Quanti motociclisti ci sono...
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Messaggio Re: Quanti Motociclisti Ci Sono... 
 
Eh, com'è piacevole condividere i ricordi dei tempi d'oro del motociclismo, specialmente quando molti ci accomunano, poi.  

Da pignolo quale sono, mi permetto di correggere il nome dell' Aspes 125 , che se era da fuoristrada doveva per forza essere l' Hopi, non lo Yuma, che era una stradale ultra-sportiva con la quale difatti veniva disputato un trofeo sulle piste di tutta Italia, dal quale uscirono campioni del calibro di Reggiani , Cadalora e altri. Il tiro delle otavo di litro di Gallarate, comunque, era davvero poco, sia per la versione da cross-regolarità che per la stradale, nella quale tuttavia l'erogazione appuntita era molto più tollerabile.

Ricordi benissimo, invece, l'SFC, che coi Fontana frenava molto meglio che con gli originali. Io ho avuto fortuna di avere sia la prima serie (quella con i tamburi e il fanalone con la ghiera che sporgeva dal cupolino, visto che era in pratica quello della Fiat 600-750 soprannominata, anche lei, "fanalona"), che la seconda, che possiedo tuttora  (quando vieni te la faccio vedere volentieri).

Secondo me potevi essere più generoso nel giudizio sulla SF: la prima serie era effettivamente un "cavalletto", altissima, pesante da guidare, frenata male, ecc. ma con la seconda uscita nel 1973 , il cui motore aveva le valvole grosse come la SFC prima serie e i carburatori PHF da 36 mm.  era molto migliorata. Anche la SFC comunque nella prima serie era grossa, poco maneggevole e pesante per essere una sportiva, perchè non aveva ancora il telaio ribassato ma solo irrigidito, una modifica che e poi sempre nel '73 venne introdotta anche sulle SF che, irrigidimenti e scatolature a parte, divenne quindi molto simile  a quello adottato sulla SFC (senza, ovviamente, la tipica finitura zincata)

Di Suzuki ho avuto un Titan 500 TT ma mi ha deluso al punto che la mia storia con le due tempi stradali o da pista praticamente è finita li. Ho avuto in compenso un Kawasaki Segoni 900 "testa nera" e ben due Honda Samoto.

Di SF del '73 ne ho avute due contemporaneamente: una praticamente nuova di fabbrica da guardare e una da usare, se non è amore questo !  

Le moto di Breganze, comunque, oltre a quelle di Mandello e di Borgo Panigale, però le avrò sempre nel cuore, oltre che nel garage....    

Questa è la mia, ripresa a Varano all' ASI Motor Show nel 2004, se non ricordo male. Il freno posteriore, con il relativo tamburo, non è originale, perchè quello aveva fatto una brutta fine: il mozzo si era criccato e l'avevo dato a un artigiano per saldarlo (con le leghe di magnesio, per tentare una riparazione ci vuole uno specialista). Purtroppo bruciò insieme alla sua officina e a parecchie belle moto, la mia fortunatamente era a casa altrimenti probabilmente sarei morto dal dispiacere.  

https://www.youtube.com/watch?v=HJHbP7tN_pY
 



 
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Messaggio Re: Quanti motociclisti ci sono... 
 
L'aspes lo avei x poco tempo, era molto rimaneggiato, non escludo fosse addiritura uno yuma trasformato da cross comunque una delusione.
Riguardo all'sfc la mia montava carburatori amal da 40 spagnoli, non i dell'orto phf da 36, x quel che mi ricordo andava anche parecchio bene la carburazione, il disastro erano le candele al platino che aveva, quando partiva a 1 non c'era niente da fare x quella che non andava, bisognava sostituirla, e non costava poco, i fontana presumo siano stati di serie non after market, comunque io l'hò comperata che li aveva montati. Probabilmente l'sf era una prima serie ma rispetto all'sfc era di un'altro pianeta. Nel 76 comperai una laverda 1000 3 cl che stà x cerchi in lega la vendetti nel 1984 dopo oltre 70.000 km, o forse 90.000 non ricordo bene, perchè un'amico si permise di sorpassarmi con un kawasaki 900 gpz, x mè che fino ad allora nessuno mi fece questo affronto era giunto il momento di vedere quel che c'era in giro di più potente.
Nei lunghi anni che fù con mè sperimentai un pò di tutto assieme a chi me la curava che era Giuseppe Andrighetto un meccanico del reparto corse Laverda l'affidabilità era plafonata a 100 cv x 240 kmh oltre si rischiava, il gpz 900 se ben ricordo di cv ne aveva 116 e viaggiava ad oltre 250 kmh.
Nel 1985 comperai nuova una cagiva elephant 650 prima serie, già dal primo anno si ruppe di tutto dall'ohlins posteriore alla lamiera interna antisciaquio del serbatoio e moltissimi altri particolari, fortunatamente tutto passato in garanzia, il ducati spingeva molto bene ai medi e in alto non sfigurava contro gli avversari, peccato che dai 175 kg dichiarati la bilancia segnava 200 kg e il termine enduro era solo un eufemismo, il telaio era un verlicchi granitico, baricentro altino ma una volta impostata la curva non si muoveva di un millimetro in traiettoria, tanto che al salzburg-ring mi tolsi delle belle soddisfazioni rispetto a parecchie stradali.
Nel 1986 acquistai nuova una kawasaki gpz 1000 rx che era tutt'altra cosa rispetto alla laverda 1000, il telaio finalmente i giapponesi riuscirono a farlo star fermo in curva e non ondeggiare, il baricentro molto più basso e la moto risultava più maneggevole nonostante sul peso dai 230 dichiarati la bilancia diceva 272 kg, a riferimento il mio laverda 1000 era 213 kg, anche in pista nonostante non fosse assolutamente una sportiva pura, alla staccata del tramonto di misano, quando si girava dalla parte giusta, vedevo i 250 in 5° ai 10500 del limitatore, se mettevo la 6° la velocità di arrivo era inferire.
Venduta la 1000 rx senza rimetterci praticamente niente, nel 1991 aquistai l'ultima stradale, una kawasaki 1100 zzr che dalla rx era totalmente diversa, un enorme passo avanti, non a caso è stata la moto più veloce al mondo x almeno 10 anni con i suoi 286 kmh effettivi, il tachimetro segnava 330 spesse volte alla mia guida, potenza stratosferica di 151 cv dichiarati, alla ruota reali erano poco più di 137, la mia con scarico yoshimura completo e kit carburatori Ferracci ne aveva oltre 142 x 11500 giri raggiunti x 297 kmh effettivi, al posto dei 11100 dei rilevamenti di quella stok, allungo infinito e facilità di guida da riferimento, telaio sempre molto fermo, peccato che la mia versione aveva una gomma posteriore omologata da 150 di larghezza subito sostituita da una 185 delle versioni successive, neanche questa era una sportiva pura ma un missile terra terra per giunta anche comodo.
Come erogazione dai bassi fino ai 5-6000 giri la cagiva 650 elephant ne aveva di più del kawa 1100 zzr che era dolcissima senza problemi di patinamenti al contrario del ducati fuori dai tornanti.
Nel 1994 venduta la cagiva mi comperai una Honda transalp nuova, motore molto meno potente in basso della cagiva ma con un'allungo strepitoso fino agli oltre 9500 giri, il ducati ai 7000 aveva già dato tutto, baricentro bassissimo rispetto alla cagiva, molto più facile e maneggevole telaio di m...... la stabilità del cagiva l'honda se la sogna, si era tornati ai telai anni 70 parecchio scodinzolanti, ma x Marilia andava bene, era facile da guidare, anche se lei hà più volte guidato la zzr a velocità indicate di oltre 300 kmh.
Ultima moto prima dell'incidente una honda cr 250 del 98 comperata nel 2003, accompagnavo Fabio mio figlio che dall'età di 6 anni correva nelle pistine da cross vicino casa col suo polini e io non riuscendo a stare a guardare ci giravo col transalp, prima di distruggerlo mi dissi vabbè riprendiamo con il cross, fù un enorme errore mio, credevo che dai primi anni 80 al 2000 le moto fossero cambiate poco, la differenza invece era abissale, dai 33 cv del maico ai 56 dell'honda, peraltro guidabilissima, altro che il saltellante maico, questa assorbiva di tutto permettendo velocità totalmente diverse, era bilanciatissima in volo, però richiedeva impegno fisico triplicato che  sommato ai miei 20 anni di più ne scaturì un coctail micidiale, quando tornavo a casa l'unica forza che mi rimaneva dopo la doccia era a malapena arrivare a letto senza neanche cenare.
 




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pugnali53
 
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Messaggio Re: Quanti Motociclisti Ci Sono... 
 
Escludo che col telaio bassissimo e leggero dello Yuma , anche modificandolo radicalmente, si potesse ricavare una moto da fuoristrada: per restare sui dettagli più semplici, non ci sarebbero neppure stati il serbatoio, la sella ed essendo strettissimo non ci sarebbero passati i parafanghi e poi ogni angolo caratteristico del telaio (interasse, avancorsa, lunghezza e luce ruota del forcellone) non avrebbero consentito di montare le ruote da 21/18 che avevano ormai tutte le moto da regolarità. In quanto alla coppia, però l'aspes 125 con la termica raffreddata ad aria era davvero da motore da pista, col tiro ai bassi quasi inesistente.
Su quel motore, avendo conosciuto e lavorato con un uno dei suoi "creatori", ho anche scritto un articolo per una nota rivista, quindi ne conosco davvero vita, morte e miracoli. Ad esempio, non tutti sanno che le dimensioni strabordanti del gruppo termico (inizialmente largo ben 31 cm, poi ridotti applicando degli inserti negli stampi) derivava da una mancata comunicazione tra i diversi disegnatori parti-time coinvolti nella stesura dei disegni quotati?

Altra curiosità:  il cambio dei primi prototipi del 125 aspes era quello dell'Aermacchi Aletta  (uno dei papà del 125 aspes infatti aveva lavorato in MV e poi in Aermacchi) e che il carter dei primi due prototipi di quel motore era nato da un carter del Rumi bicilindrico, cui era stato tappato l'alloggiamento per il gruppo termico posto anteriormente nel Rumi, e con una flangia fresata dal pieno saldata sulla parte superiore?
Se la sperimentazione a livello del carter era solo un evento contingente, quella sul cambio in un certo senso invece questo motore: perchè la spaziatura interna dei rappporti, troppo distanziata per una moto da fuoristrada, enfatizzava i problemi di erogazione, così come il posizionamento nella parte inferiore del leveraggio frizione, risultava poco adatto a una moto destinata a muoversi in ambienti fangosi.
Molti considerano come unico "padre" di questo motore l' Ing. Vito Consiglio , titolare dalla Asco Motori, in realtà chi conosce da vicino la storia di quetsa marca ormai scomparsa, sa che l'ing. Consiglio si occupò solo di industrializzarlo, ma i genitori erano altri, in particolare un tecnico noto a pochi: il bresciano Gianfranco Maestroni, ora apprezzato produttore di scarichi per conto terzi.

Il Laverda SFC prima serie i freni in magnesio e a quattro ganasce li aveva in opzione, ma erano pressochè obbligatori se uno voleva fermarsi, anche perchè la moto era davvero veloce oltre che pesante. però erano dei Ceriani, simili ai Fontana ma prodotti dalla stessa azienda che fornina anche le sospensioni. Se la tua aveva i Fontana potrebbe essere stato uno di quegli esemplari uscito con i freni Grimeca di serie e successivamente equipaggiato con i quattro ganasce. Di questo sono assolutamente certo: nessuna Laverda SFC tamburo è uscita coi freni Fontana dalla fabbrica. (avevo un dubbio perchè tu mi eri sembrato sicuro, ma ho verificato)

Un prima serie, anche con i freni in magnesio che facevano guadagnare qualche chilo, era comunque una moto che a secco stava poco sotto i 220 kg (215-218 anche se era dichiarata come più leggera, a 208kg.)., quasi una ventina, quindi, più del seconda e del terza serie.
Come ti dicevo, dopo la prima , che ho stupidamente venduto a un ricco collezionista, anni dopo ho comprato la seconda serie, quella con ancora le ruote a raggi ma i tre dischi e l'accensione ancora a puntine. Il terza serie è quello con l'elettronica e monta quasi sempre le ruote in lega (a dire il vero non particolarmente leggere, perchè le Flam, fonderia che in quel periodo era entrata a far parte del Gruppo Laverda, come tutti i prodotti di Breganze, era dimensionato con una certa abbondanza.. .

Le prime SFC della prima serie avevano effettivamente gli AMAL (ma quelli originali inglesi, non gli spagnoli che erano per le moto da cross tipo Ossa, Montesa e Bultaco, che erano completamente differenti come passaggi inerni e tarature) ma credo sia impossibile che fossero da 40mm., Occhi oa non confonderti con le sigle, perchè non sempre corrispondono alla effettiva sezione del Venturi: classico l'esempio di quelli che sulle moto da cross vedevano il Bing con in rilievo sul lato la sigla 54 e andavano in giro tutti contenti perchè il loro 125 o 250 aveva un carburatore addirittura da 54...che invece magari era un 28 o al massimo un 32 mm.  
Il modello Amal montato sull' SFC prima serie era il Concentric MK1 da 36 mm e precisamente il tipo 1036/6 e 1036/7 (il numero dopo lo slash indicava rispettivamente dx e sx)  . Con dei 40 , quei condotti valvole e quelle cammes che aveva il prima serie , sarebbe andata peggio.
Gli esemplari di SFC con gli Amal montati di primo equipaggiamento secondo i piani avrebbero dovuto essere 150 (salvo successivi riordini) ,ma furono in realtà molte meno, grossomodo un terzo, e per due motivi , uno tecnico, uno abbastanza "curioso"-
Prima di tutto le lamentele di diversi clienti che con gli Amal non si trovavano granchè bene con la regolazione della carburazione (probabilmente perchè i loro meccanici non li conoscevano a sufficienza ma và detto che gli Amal hanno sempre sopportato male il calore, e sulle moto inglesi con cilindri in ghisa era un calvario, sul Laverda meno, ma restavano pur sempre ostici...) e poi perchè una buona parte del lotto di quei carburatori ad un certo punto sparì misteriosamente dal magazzino. Nel frattempo la Dell'Orto aveva reso disponibili i nuovi PHF per cui non solo la produzione proseguì con questi, ma anche la maggior parte delle moto uscite dalla fabbrica con gli Amal , col passare del tempo venne aggiornata e oggi con gli Amal ne rimangono poche, almeno tra quelle usate regolarmente.

Tutto giusto, per il resto, e anche sulle velocità delle giapponesi nulla da eccepire (quel Kawa ZZR, poi, era un vero missile)...ma prendi davvero con le molle i 100 HP del Laverda 3C, visto che a malapena li avevano ufficiali col telaio a traliccio  (difatti ne dichiaravano 95-98. e la massima evoluzione del Laverdone, con la RGS di Balbi sarebbe arrivata a superare di poco i 100, ma per una moto da pista.
Non molti li conoscono, ma i due tricilindrici Laverda più potenti mai visti (e non nelle chiacchere da bar ma al banco prova), sono stati quello di Giamberto "Bertu" Bollea, un piemontese davvero geniale che era montato su un telaio Motoplast (ne parlò ai tempi anche Mototecnica) e , in diversi esemplari, quelli preparati davvero magistralmente dall'ingegnere austriaco Franz Laimboeck, che oltre a correre con quelle moto, le preparava per conto dell'importatore locale Sulzbacher.
Le Laverda Sulzbacher 1200 SC erano prodotte in piccola serie ed omologate, da noi sono poco note ma erano delle vere bestie. Ma i cavalli di un meccanico che hai nominato, fidati  sono sempre stati "particolari" (leggi con la tara) e mi fermo qui perchè di quel personaggio non ho piacere di parlare.  

Di Laverda tre cilindri comunque ne ho avute tre e me le sono sempre restaurate e mantenute nella mia officina : una RGS Jota (piuttosto rara qui da noi, essendo destinata ai mercati stranieri), una 1200 TS (simpatica per il granturismo e con un tiro bestiale ma massiccia e per me fin troppo alta), e una da corsa, finita negli USA da parecchi anni.
 



 
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Messaggio Re: Quanti Motociclisti Ci Sono... 
 
ragaaaa.....
pianooooooo.....

che ho ancora il 525 exc,.... porco cane,.... mi fate venire il bischero....

io ho avuto un monte di quei ferri a partire dall'ancillottino 50 f morini,... poi arrivo' 80 ino del vicino minarelli, poi papi prese un ktm 250 del 76,... piu' simile ad una granata che a un motore, dove li provai a fare qualche giro con amici che avevano i nuovi ancillotti o ktm o gilera 125 (siamo nel 1980)... presi troppa confidenza col ktm250  che era piu' un panchetto di legno che una moto paragonata ai nuovi, la cagiva col wmx 125 faceva paura,... e io ebbi il culo che l'istinto di sopravvivenza busso' al cervello quando in piu' occasioni le riprese miracolose delle traiettorie hanno messo in dubbio sia le capacita sia il mezzo..
allora decisi di gonfiare gomme e cambiare candele agli amici,...
vespini, malanca OB one, il gilera TG1, il tgm 125, l'ET3, la 131 ET3 da cross, la PE 200 da cross,l'aletta rossa 125, RD 350 ad aria, xt550 (vero amore), xt600, elefant 750, fantic 50, 125, 240, cota 125 portato a 175, il 200, l'aprilia txt 300, il benelli bicilindrico, la honda xl, la XR, il gs 80.....
i goriiiiiii.... il 125, il 250 il mitico 380 rotax 4 marce (aveva la coppia dolce come l'esplosione di una bombola di gpl).
ma poi i mitici tuboni, ma ve li ricordate quei trespoli con due ruote che volavano tra i 90 e i 120 (ma si toccavano i 140 su quelli folli)... il beta M4, M5, M6, il fifthy, il califfone, il beta andy, l'ancillotti piu', il garelli,..... si tirava delle pieghe con quei bidet da brivido.... ne voglio unoooooo, 35-40 kg 12 cv,.... si calava i passi inchiappettando i bolidi.. da strada ... che mitooooo... imbattibili sullo stretto con sotto il 125...

che tempi, si usava la lima, la fantasia e si credeva nel culo di chiapparci.... quante fasce, quanti pistoni, quante bielle, quante frizioni......


periodi meravigliosi della mia folle infanzia.
quanto mi sono divertito con quei trespoli.

tra la banda di grulli che eravamo credo di averli provati quasi tutti, poi quando ho cominciato a scacciavitare piu' seriamente e facendo della meccanica un lavoro credo siano poche quelle che non ho messo sotto il culo.
 




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toyota......
4000 giri per sempre!!!
 
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