XXVIII giorno venerdì 04/12/2015
Km 403534
Mi alzo un paio di volte stanotte per andare in bagno e, definitivamente, alle 5.00 quando il muezzin mi sveglia col suo richiamo. Ebbene si, pur essendo in mezzo al nulla, pur essendoci villaggi piccolissimi, le moschee sorgono ovunque. Capisco che se si chiama Repubblica Islamica di Mauritania un motivo c’è, ma qui esagerano di brutto con la religione, anche se, ad essere sincera, il mio abbigliamento non reca disturbo e, al contrario dell’Iran, gli uomini parlano volentieri con me. Alle 6.00 sveglio Ezio che, come al solito, non ama alzarsi presto. Mezz'ora dopo siamo pronti per raggiungere il confine, ieri sera avevamo gonfiato i pneumatici convinti di farcela a superare le dune a 2,9. Sbagliato!! Siamo costretti a sgonfiarle per superare il primo tratto, solo poche centinaia di metri, e poi rigonfiamo. Arrivati nuovamente all’ingresso del parco salutiamo con dispiacere i nostri due compagni di viaggio, Claudio e Katia, e ripassiamo i controlli. Al “negozio” compriamo gasolio, qui lo hanno solo in taniche, un po’ di biscotti e sigarette. Alle 8.15 siamo alla frontiera di Diama. Alla dogana, dove non ci controllano neanche la macchina, ci chiedono 3.000 ou per darci il permesso di passare (con ricevuta). Li paghiamo ma questi sono gli ultimi che abbiamo. Al controllo di polizia ce ne chiedono altrettanti, gli diciamo che non abbiamo più soldi e lui ci lascia andare senza pagare. La domanda sorge spontanea: se ci lascia andare senza pagare e senza che lui abbia problemi, se avessimo pagato sti soldi dove sarebbero andati a finire? Mah!!! Prima di uscire definitivamente dalla Mauritania ci si avvicina un uomo che ci chiede 500 ou per la “tassa cittadina”, anche a lui diciamo che non abbiamo soldi e si accontenta, a mò di pagamento, di una mia maglietta. Mah!!!
frontiera maura
Alle 8.45 siamo al confine senegalese.
Confine senegalese
Appena entrati ci chiedono 4.500 cfa per il passaggio appena fatto della diga, anche a lui spieghiamo che non abbiamo ancora cambiato euro in cfa e ci lascia andare con la promessa che appena fatto il cambio saremmo ritornati a pagare il pedaggio. Subito, a destra della strada, troviamo gli uffici della polizia, ci mettono il timbro d’ingresso e ci lasciano andare dopo aver controllato l’interno del Boss. A sinistra c’è la dogana e lì la cosa si complica leggermente. Il doganiere ci dice che ci può fare il pass avant valido solo 48 ore e che solo a Dakar possiamo fare timbrare il carnet du passage. Anche quando gli ricordiamo che oggi è venerdì e che fino a lunedì gli uffici saranno chiusi è irremovibile su questo punto, anche se, ad essere sinceri, prova a fare una telefonata al capo per chiedere se poteva fare uno strappo alla regola. Azz!!! Siamo costretti ad andare a Dakar e poi tornare indietro. Pazienza faremo così. Per le pratiche doganali ci chiede 2.500 cfa. Dietro gli uffici doganali si trova un piccolo bar gestito da una signora gentile che ci cambia i soldi (1 € = 640 cfa), ci fa l’assicurazione, che paghiamo in euro (40 €) e ha anche le schede telefoniche. Morale alle 10.00 siamo su asfalto e cerchiamo di arrivare a Dakar prima della chiusura degli uffici.
appena superato il confine senegalese
Subito dopo il confine la situazione migliora un po’ nel senso che ci sono più paesi e la reperibilità di cibo o altro più accessibile. Certo è sempre un paese africano quindi non è che bisogna aspettarsi più di tanto, ma qui si respira un’aria di “ricchezza” rispetto alla Mauritania. La prima cosa che a nostre spese notiamo sono i dissuasori di velocità, infatti ne prendiamo subito uno che ci fa fare un bel salto. Ok, staremo attenti anche a quelli!!
Non abbiamo molto tempo per goderci il panorama perché, anche se ci sono meno di 300 km dalla capitale, la situazione strade non è delle migliori e il traffico intenso, inoltre una miriade di furgoni adibiti a taxi si fermano senza preavviso per far salire persone rallentandoci. Alcune di queste persone sono bambini di 7/8 anni, penso che se un genitore italiano vedesse il proprio figlio arrampicarsi in corsa su uno di questi furgoni avrebbe un infarto.
Veicolo senegalese
Continuiamo senza soste e, dopo la città di Thienne, il traffico aumenta in maniera esponenziale, sono le 14.00 e la paura di non arrivare in tempo aumenta. A circa 30 km dalla capitale vediamo un’insegna dell’autostrada e, anche se a pagamento non ci lasciamo sfuggire l’occasione di aumentare la nostra velocità e la prendiamo. Alle 15.00 siamo davanti agli uffici della sede centrale della dogana senegalese (indicataci dall'Ambasciata Italiana a Dakar come ufficio preposto al timbro del cdp), dove ci rimandano a destra e a sinistra in vari uffici nei quali nessuno sembra capire cosa ci serve. Finalmente un addetto ci dice che siamo nel posto sbagliato e che dobbiamo dirigerci al molo II. Ci vedono un po’ smarriti e quindi ci fanno accompagnare da, credo, un sottoposto. Quindi il viaggio per il centro città, congestionato dal traffico di vetture di ogni genere pieno di smog e con un’umidità che rasenta il 90%, lo faccio seduta “comodamente” sul portaoggetti del Boss. Arriviamo in porto, parcheggiata l’auto alla meno peggio, entriamo negli uffici doganali del molo II. All’ingresso la guardia ci “piazza” un tizio, scopriremo presto essere un traffichino, che in due ore riesce a regolarizzare il carnet, naturalmente dietro una lauta mancia.
Non importa, ora siamo decisamente molto sollevati. Liberi dalle incombenze burocratiche ci tocca rifare il centro per andare verso il Lac Rosè. È tardi, oggi è tutta una corsa, arriviamo al lago verso le 18.30. L’umidità è pazzesca, c’è addirittura la nebbia, non volendo passare la notte in uno dei innumerevoli alberghi della zona, ci dirigiamo verso l’oceano e ci infiliamo in un boschetto d’alberi tra le dune in modo da non essere visibili. L’attacco di zanzare ci fa fare una cena velocissima, che dopo il “non pranzo” non è il massimo, e andare in tenda alle 20.00. Il caldo e l’umido sono micidiali, pur aprendo tutte le aperture della tenda rigorosamente con le zanzariere abbassate, non c’è sollievo. Quindi adesso tutta la sabbia la polvere e la sporcizia accumulata sono ben incollate al mio corpo. MY ! GIOIA!!!! Comunque mi addormento, la stanchezza vince sul caldo.
XXIX giorno sabato 05/12/2015
Km 403894
Sveglia alle 6.30, c’è meno umido rispetto a ieri sera, ma c’è ancora caldo. Sveglio Ezio, siamo soli ed in anticipo rispetto al rollino di marcia quindi l’uomo può dormire di più stamattina.
il boschetto dove abbiamo pernottato
Subito dopo aver sistemato il tutto per la giornata ci rechiamo al lac Rosè che sarebbe una laguna d'acqua circondata da dune. Sono le 8.30 e la giornata non è l’ideale mi sa per apprezzare a pieno il luogo. Dalle informazioni avute avremmo dovuto trovare un cielo azzurrissimo ed il lago rosa (dato all'alta concentrazione di sali minerali), invece il cielo è grigio e il lago marrone. Si vede che non è destino!!. La zona è nota a molti fuoristradisti perchè una volta qui si festeggiava la fine della famosa Parigi – Dakar. Molto suggestiva la salina che si trova sulla sponda del lago.
il Lac Rose
Il periplo del lago comunque merita farlo, è circondato da villaggi e le coltivazioni di verdura si sprecano. Ne approfittiamo per comprare pane fresco, pomodori e, cosa mai vista da un mese a questa parte, cetrioli. Completato il giro ci fermiamo presso le bancarelle per gonfiare i pneumatici, ed io approfitto della sosta per vedere se, almeno in Senegal, si possa comprare qualcosa di artigianato. Qualcosa troviamo ed alla fine ne risultiamo soddisfatti. Ddopo aver fatto la foto di rito con il simpatico venditore, lasciamo il lago per dirigerci nuovamente verso nord. Per non rifare il medesimo percorso di ieri, prendiamo una strada fatta recentemente visto che né il Garmin né le altre mappe in nostro possesso riconoscono. Qui il traffico è pari a zero e i fastidiosissimi, nonché molteplici, rallentatori non ci sono ancora quindi la nostra avanzata verso Saint Louis è più veloce e più piacevole rispetto a ieri. Breve sosta all’ombra di un’acacia per pranzo e poi ancora asfalto. A circa 70 km da Saint Louis riprendiamo la stessa direttrice di ieri e in un paese chiediamo dove possiamo acquistare una cartina stradale del Senegal. Tutti ci dicono che qui non ce ne sono e forse, ma anche no, le possiamo trovare a Dakar. Va beh! ne faremo tranquillamente a meno considerato che a Dakar non ci torneremo di certo, troppo caotica e inutile da visitare. Lungo la strada cominciamo a veder qualche esemplare di avvoltoio.
Nel primo pomeriggio lasciamo l’asfalto e prendiamo una pista che ci porta verso il parco De Le Langue De La Barberie, dove dovremmo trovare un campeggio, gestito da svizzeri, spero ci sia ancora. Il Zebrabar, consigliatoci dall'amico Frenesia, non solo esiste ancora ma è un posto bellissimo e, soprattutto, pulito. Per me è come vedere la luce dopo un lungo tunnel molto molto buio.
camping Zebrabar
Fatte le presentazioni, pattuito che ci fermeremo due notti, posizionato il Boss, ci sviliamo i vestiti e, indossati i costumi ci tuffiamo nella laguna. È piacevolissimo farsi una bella nuotata e stendersi al sole a rilassarci dopo un mese di solo disagi.
la spiaggia del campeggio Zebrabar
Ce la prendiamo comoda fino al tardo pomeriggio quando, a malincuore, ritorniamo verso il fuoristrada per una doccia, il bucato e per preparare la cena, stasera aglio olio e peperoncino. Mentre stiamo mangiando si avvicinano due ragazzi, li sentiamo parlare e sono italiani. I primi turisti italiani che incontriamo da quando siamo partiti. Si fermano volentieri a parlare con noi e, oltre ai loro nomi Matteo e Silvia, scopriamo che sono di Pordenone e che abbiamo degli amici in comune. Com’è piccolo il mondo! Dopo cena si continua a chiacchierare piacevolmente mentre si beve l’ultimo goccio di grappa e raccontandoci le nostre impressioni su questo viaggio. I due ragazzi si sono licenziati e presi un anno sabatico per girare l’Africa, il loro problema, e forse sarà anche il nostro, viaggiando in moto non se la sentono di attraversare il Mali e la Nigeria e quindi proveranno a ritornare in Marocco, lasciare lì la moto ed, in aereo, andare in Kenia una volta lì vedranno come girare il resto del continente. E io che mi lamento sempre del modo in cui viaggiamo, in confronto a loro si viaggia in super lusso. È tardi, è l’una e mezza, andiamo a dormire.
XXX giorno domenica 06/12/2015
Km 403894
Mi sveglio alle 7.30 solo perché devo andare in bagno, mi alzo malvolentieri e, sorpresa, appena metto piede a terra vedo un paio di scimmie che girano indisturbate per il campeggio. In attesa che Ezio si svegli, oggi può dormire fin quanto vuole, passo il tempo finendo di fare il bucato, manicure, pedicure e mi rilasso in attesa di tornare in spiaggia ad abbronzarmi. A metà mattinata andiamo in spiaggia e constatiamo che è invasa da granchi, ce ne sono di rossi e di blu. E' fantastico stare stesi in totale relax, nessuno di loro si avvicina ed Ezio riesce anche a filmarli.
Sono molto buffi nei loro movimenti, con la chela grande prendono la sabbia la filtrano per poi sputarla fuori creando delle palline di arenile. Verso mezzogiorno lasciamo la spiaggia per andare in paese, il caldo è soffocante ma il bisogno di pane fresco è più importante. Non ci si mette molto a piedi, circa 10 minuti, ad arrivare in paese, che non offre molto anzi si riesce a trovare ben poco. Ritorniamo in campeggio per pranzare e rilassarci un po’. Nel primo pomeriggio, mentre Ezio pulisce il Boss, io torno in spiaggia. Che sfiga il cielo si è annuvolato. Poco male ritorno vicino all’auto e passo il resto del pomeriggio leggendo un libro. Anche Ezio, finite le pulizie, si rilassa steso su un'amaca. All’ora di cena, stasera pasta col pesto, ritornano i ragazzi per cenare tutti insieme e finire la chiacchierata interrotta ieri sera. Devo dire che lo Zebrabar è il posto ideale per trascorrere un paio di giorni, non solo il posto è pulito e l’acqua delle docce calda, ma se uno vuole c’è anche il ristorante dove poter mangiare qualcosa di caldo. C’è anche la possibilità, cosa che noi per stanchezza non abbiamo fatto, di noleggiare una barca o prendere gratuitamente una canoa del campeggio per fare un giro nella laguna. Verso le 23.00 andiamo a dormire.
XXXI giorno lunedì 07/12/2015
Km 403894
Sveglia alle 7.30, provo ad andare a piedi a vedere l’alba ma anche oggi c’è parecchia foschia dettata dalla forte umidità. Stamattina niente scimmie ma zanzare, mi rifugio in auto in attesa di svegliare il maritino. Alle 8.30, pagato il campeggio e salutato i ragazzi ci avviamo verso il delta del Sinè-saloun, inizialmente su pista, giusto per non perdere l’abitudine, poi su asfalto.
Questa, dopo Dakar, è la zona più turistica del Senegal quindi ne approfittiamo per comprare generi di conforto che fin ora non avevamo trovato e dei regali, una cesta di vimini coloratissima e 2 confezioni di marmellata. Verso le 14.30 ci fermiamo e, per la prima volta dopo un mese, ci concediamo il pranzo in un ristorante. Non tanto per fame ma piuttosto perché vogliamo provare alcune specialità locali. Da queste parti è facile trovare ristoranti decenti che hanno anche le tovaglie. Ordiniamo poulet yassa e il mafè. Squisiti entrambi ma il mafè, uno stufato di carne con le arachidi, è eccezionale. Usciamo dal ristorante pieni come oche e proseguiamo verso il delta e l’oceano. Il traffico aumenta così come gli alberghi di lusso, le ville private con giardini lussureggianti e supermercati ben forniti. Ci facciamo un giro in macchina, il caldo e l’umidità sono spaventosi, in giro osserviamo che ci sono parecchi turisti in particolare francesi. Il posto è bellissimo e le spiagge immacolate e senza immondizia a deturparle, sembra di essere in un altro stato. Proseguiamo verso Saly, che con i suoi hotel di lusso è la regina del turismo senegalese, e Mbour, il più grosso centro urbano della regione. Qui c’è anche un importante centro ittico e il mercato del pesce che noi non riusciamo a vedere perché è pomeriggio inoltrato e l’attività ferve di mattina. Abbiamo necessità di allontanarci dai centri abitati, non vogliamo fermarci in hotel e non troviamo campeggi, quindi ci lasciamo alle spalle Mbour ed ad un certo punto deviamo su pista per trovare un posto tranquillo. Alle 18.30 facciamo centro e, nelle vicinanze di un baobab, facciamo campo. Vicino a noi ci sono villaggi ma, a parte un signore su un carretto, non ci disturba nessuno. Non usciamo neanche tavoli e sedie, siamo ancora satolli dal pranzo e Ezio si mangia solo un paio di fatte d’anguria, e alle 19.30 siamo già in tenda, anche per non farci mangiare dalle zanzare. Ci vediamo qualche sketch di zelig sul tablet poi ci addormentiamo.